Contestualizzazione semantica

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Perché dobbiamo effettuare query più precise.

Da un po’ di tempo, ormai, si sente parlare di allargamento della query, da parte dei motori di ricerca, e di contestualizzazione semantica (addirittura secondo wikipedia, la semantica starebbe dando vita al web 3.0, peccato che ancora in molti non si sono accorti del 2.0 :-) ).
Chiaramente dal punto di vista software la contestualizzazione che può essere eseguita da un programma è molto elementare e si basa per lo più su associazioni di parole.
Mi spiego meglio: immaginiamoci una linea (vettore), su di essa vengono posizionate, in ordine di relazione, una serie di parole legate alla keyword di partenza:

Ospitalità | Albergo | Pernottamento | Pensione | Hotel economico | Prima colazione

Fondo | Investimento | Tfr | Pensione | Aumento | INPS

Solo dalla ricorrenza di due o più parole appartenenti allo stesso vettore, gli algoritmi dei motori di ricerca possono capire se una eventuale ricerca inerente le “pensioni” si riferisce alla pensione intesa come albergo oppure come retribuzione post lavorativa.

Vi fornisco un piccolo esempio on line: cercando “pensione albergo Milano” su Google vi troverete al primo posto i risultati locali del motore di ricerca, cosa che non avviene se ad “albergo” sostituite “investimento“, mentre cercando solo “pensione Milano” ai primi posti avrete sia i risultati locali che le news di Google inerenti i fondi pensione (in questo caso il motore non è riuscito a contestualizzare la ricerca e, quindi, presenta risultati inerenti sia l’uno che l’altro campo).
Da questo scenario emergono degli spunti fondamentali sia per gli utenti che per i seo:

  • Come utenti non dovremmo pretendere di avere dei risultati pertinenti ricercando un solo termine, ma, dobbiamo abituarci ad affinare le nostre ricerche aggiungendo più parole.
  • Come SEO dovremmo prestare grande attenzione alla selezione delle keyphrase e alla stesura del copy delle pagine. Troppo spesso ho visto attività SEO fallire perché incentrate solo su “keyword secche”, le quali, attualmente, veicolano ancora maggiori volumi di traffico rispetto alle più specifiche keyphrases, ma presentano sicuramente anche un livello di competitività più alto e un tasso di conversione più basso rispetto a queste ultime.

La catena delle 5 cose

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Di ritorno da una, purtroppo breve, vacanza a Salerno, ho scoperto di essere stato nominato da Andrea nella “catena delle 5 cose che non sai di me”.
Naturalmente non posso che accettare l’invito e ringraziare chi ha voluto coinvolgermi in questo gioco:

  1. Da sempre mi diletto a strimpellare qualche strumento musicale: ho iniziato a sei anni con il pianoforte per poi passare verso i 10 anni al clarinetto, nell’età adolescenziale ho poi scelto la chitarra e, poi, verso i 17 anni definitivamente il sassofono. Strumento che ancora adesso mi diletto a suonare.
  2. Sono un amante della buona cucina mediterranea e del vino: sfortunatamente con l’età questa passione inizia ad avere i suoi indesiderati effetti negativi :-(
  3. Per tre anni ho praticato kick boxing: strano ma da quando ho smesso gli effetti di cui sopra si fanno sempre più evidenti :-)
  4. Vi sembrerò controcorrente, ma mi piacciono molto le feste in famiglia: in tutto siamo solo 2 fratelli, ma posso vantare ben 12 cugini (ora quasi tutti sposati con prole) che rivedo davvero sempre con molto piacere.
  5. Da buon campano DOC ho fatto il pizzaiolo: durante gli anni universitari come lavoretto extra mi sono divertito ad avvelenare i malcapitati avventori di una pizzeria nei pressi dell’ateneo di Salerno.

Mi sembra giunto il momento di nominare a mia volta 5 persone:
Marco, Alessandro, Simone, Stefano,
Fabio

Il SEO è napoletano

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(Il keyword advertising è milanese)

A volte mi capita, anche se ormai vivo a Milano da sei anni, di esser preso da attimi di “malinconia campana”, in questi momenti mi rifugio nelle canzoni del vecchio Pino Daniele e nei film di Troisi e De Crescenzo.
E, proprio in uno di questi momenti, grazie alla visione di “Così parlò Bellavista” di De Crescenzo, mi sono reso conto che il SEO è napoletano e il keyword advertising è milanese.
Mi spiego meglio:
Il SEO vuole i suoi tempi per produrre risultati: si parte dalla segnalazione di un sito ai motori di ricerca, poi segue il passaggio degli spider sulle pagine, la link popularity, i fattore off page (età del dominio, ecc.) il keyword invece è immediato, efficiente da subito: basta caricare una campagna e dopo una quindicina di minuti sei già visibile per le keyword che hai selezionato.
Anche le modalità di comunicazione sono diverse: con il keyword hai a disposizione al massimo 95 caratteri per il tuo annuncio (e via andare!), mentre le pagine SEO devono essere lunghe, discorsive, contenere quante più informazioni possibili in relazione a un determinato argomento (che s’addà fa pe campà) .
Per non parlare della pianificazione economica: il keyword advertising è strettamente correlato a logiche di Cost Per Acquisition (efficienza ed efficacia f..a!) , il SEO, anche lui legato a indici di convenienza, non è misurabile settimanalmente e nemmeno mensilmente, la valutazione della sua efficacia è da valutare nel tempo: i costi delle attività SEO diminuiscono nel tempo, non sono strettamente correlate alla concorrenza, possono beneficiare di vantaggi derivanti dall’”invecchiamento” delle pagine e acquisire un miglior posizionamento (Ricett u pappc vicin a noc ramm o tiemp ca t spertos).
Con il SEO paghi e speri nella bontà divina (bravura dell’agenzia SEO, penalizzazioni da parte di Google, ecc) con il keyword paghi e sei sicuro(o quasi) di essere visibile per le keyword che hai selezionato (lavoro guadagno, pago pretendo!), però diciamocela tutta, il SEO è più “ruffiano”:ormai decine di ricerche hanno dimostrato che le aziende che occupano le prime posizioni dei risultati naturali, per le keyword inerenti il proprio business, sono percepite dagli utenti come leader del settore.
Con il keyword se non hai il giusto budget non puoi intraprendere una campagna che ti assicuri una buona visibilità, con il SEO, purtroppo, qualcuno che ti propone la segnalazione in 500.000 motori di ricerca per 100€ lo trovi sempre, peccato che poi la cosa si riveli peggiore dei classici mattoni napoletani venduti come car stereo :-) .
Vabbè fermo qui questo mio delirio mattutino :-)
Chiudo rispondendo alla domanda che odio più di tutte, ma che purtroppo mi sento sempre fare: ma è meglio il keyword advertising o il SEO?
Diciamo che dopo una bel risotto alla milanese e una bella cotoletta, l’ideale sarebbe chiudere il pasto con una bella fetta di pastiera, un limoncello e un buon caffè :-)

Sull’indicizzazione delle immagini

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L’indicizzazione delle immagini è un argomento che mi ha sempre affascinato molto, anche perché ritengo che in alcuni settori come l’intrattenimento, lo sport, la musica, essere presenti anche in questo canale possa essere un ottimo veicolo di traffico qualificato al sito.
Come tutti sappiamo, gli spider dei motori di ricerca non sono in grado di leggere le informazioni testuali presenti nelle immagini, quindi per poterle indicizzare è necessario puntare su tutti gli elementi testuali delle pagine che le contengono:

  • Proprietà “alt=” del tag “img”
  • Il nome delle immagini
  • Il testo immediatamente antecedente e successivo all’immagine
  • Il contenuto della pagine
  • Il tag title della pagina (particolarmente valido per le schede di dettaglio, es: profilo di un cantante, calciatore, ecc)

Oggi però ricercando in Google immagini il mio nome, ho visto che sono state praticamente indicizzate tutte le immagini che abbiamo postato sul blog, ad esclusione della foto di Paola, inoltre l’unica immagine che rispecchia tutti gli elementi che ho appena citato (l’immagine presente nel mio profilo) non appare nemmeno nelle prime posizioni.
Vero è che in tutte le pagine del blog, compreso la pagina del profilo di Paola, nel tag title e come primo contenuto testuale appare il mio nome, però è anche vero che tutti gli altri fattori (nome delle immagini, testo antecedente e successivo all’immagine, proprietà alt del tag img, contenuto delle pagine) non trovano assolutamente riscontro.
Quindi i dubbi in questo caso sono due:

  1. L’esistenza di soli due fattori può bastare a indicizzare le immagini?
  2. Come mai, allora, anche la foto di Paola non è stata associata al mio nome?

Ma la cosa più bella di tutte mi è capitata quando, per analizzare meglio l’algoritmo di ricerca delle immagini e per capire eventuali similitudini tra Google e Msn, ho effettuato la stessa ricerca anche nel canale immagini del motore della Microsoft e mi sono trovato come unico risultato, la sola immagine del blog non associata da Google al mio nome: la foto di Paola.
Sembrerebbe, quindi, ad un primo sguardo che i due motori di ricerca utilizzino logiche molto diverse per l’indicizzazione delle immagini, ancora una volta, però, l’algoritmo migliore sembra quello di Google, non me ne voglia MSN, ma io e Paola, per sua fortuna, ci somigliamo davvero poco! :-)

Integrazione Google map e Skype

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Continuano i test di integrazione di Google map nei risultati naturali

Oggi mi sono imbattuto in una nuova implementazione della “local search” nei risultati naturali di Google.


Questa nuova soluzione unisce i risultati provenienti dai database di agenzie che si occupano di catalogare le aziende in base alla loro collocazione geografica (in Italia Pagine Gialle) con le mappe di Google, prevedendo, nei computer che hanno installato Skype, la possibilità di comporre in automatico i numeri telefonici.

Niente da ridire sulla nuova soluzione che può rivelarsi davvero molto utile per gli utenti, però l’algoritmo è sicuramente ancora un po’ da “limare”, visto che la mia ricerca “fondi pensione” non aveva sicuramente come obbiettivo quello di trovare una “pensione near Fondo” :-)

Cercando, questa volta seriamente, di ipotizzare quali conseguenze possano scaturire da questa implementazione, mi è venuto in mente che le “vittime” più illustri di questo processo, potrebbero essere i vari tour operator on line (Expedia. Lastminute, Edreams, ecc) che non avendo una collocazione geografica definita, verrebbero scalzati, dalle aziende locali, dalle prime posizioni dei risultati naturali, per le ricerche che attualmente portano loro maggiori volumi di traffico, es:”hotel Roma”, ecc.
La seconda considerazione, qualora la prima si verificasse, è che questi ultimi per non perdere visibilità su Google, il quale attualmente è tra i principali canali capaci di generare loro grandi volumi di traffico, sarebbero costretti ad aumentare non poco il budget destinato al keyword advertising :-)

Alcuni inserzionisti fuggono da Google

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Riprendo un articolo pubblicato da MarketWatch all’inizio di gennaio in cui si denuncia un taglio del budget destinato a Google da parte di alcuni grandi player del mercato ecommerce. Tra le ragioni della riduzione di budget: un aumento consistente della competizione, un incremento dei bid tra il 40 e il 60% e una diminuzione del tasso di conversione.
Secondo la mia esperienza, i motori di ricerca si sono rivelati finora il canale più efficiente da un punto di vista economico in grado di produrre i migliori tassi di conversione al minor costo di acquisizione rispetto ad altri canali di online marketing.
Ma che cosa succederebbe se il cost per click continuasse ad aumentare fino a rendere l’attività inefficiente e producendo un costo di acquisizione che non rispetta gli obiettivi?
Come cambierebbe lo scenario dell’online advertising se gli inserzionisti pensassero di chiudere i rubinetti agendo in una logica meno “Googlecentrica”?
Possiamo forse ipotizzare che il tanto auspicato ingresso di MSN diminuirà il potere di Google, aumentando la concorrenza nel keyword advertising e riducendo quindi il cost per click o possiamo invece pensare ad una sorta di andamento ciclico degli investimenti in search advertising. Possiamo anche immaginare che saranno altri canali a garantire un ROI più elevato tra cui forme di advertising sui portali verticali e comunità online, circuiti di affiliazione, siti di shopping comparativo.
Ipotesi di scenari vari sono ben accetti, che ne pensate?

SEO d’artista

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Il mio buon amico SergioF4, storico e apprezzato nik dei forum italiani sui motori di ricerca, di ritorno da uno degli innumerevoli viaggi che per sua fortuna riesce a fare (la mia è tutta invidia!!) mi ha appena segnalato la sua formidabile scoperta: Oscar Wilde insegnava SEO!


Ho sempre sostenuto che per fare bene il SEO bisogna essere degli ottimi scrittori, ma non pensavo fino a questo punto :-)

Attività SEO per più paesi

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Oggi ho avuto un interessante scambio di opinioni, con un mio amico e collega, sul come procedere per una corretta ottimizzazione di un sito che si rivolge a più paesi e quindi scritto in più lingue.
Le possibilità di azioni, quando nelle varie nazioni si utilizza lo stesso Brand, sono essenzialmente 3:

  1. Ospitare tutte le pagine su un unico dominio dividendo i contenuti per lingua in cartelle, es: miosito.com/it, miosito.com/es, miosito.com/de, ecc
  2. Utilizzare un terzolivello per ogni paese: it.miosito.com, es.miosito.com, de.miosito.com, ecc.
  3. Utilizzare per ogni paese l’estensione nazionale: miosito.it, miosito.es, miosito.de, ecc.

N.B. Sorvolando sulla strategia scelta, è comunque buona norma acquistare tutte le estensioni dei domini che si utilizzano per il proprio business.
La prima, più utilizzata in passato, forse è la più comoda da implementare (specialmente quando tutta la struttura web è gestita da una sola agenzia) ma forse anche la più sconveniente per varie ragioni:

  • Gestione, quantomeno più articolata, del sito su server dislocati in vari paesi
  • Possibilità di dispersione dei link spontanei: molti web master potrebbero scegliere di linkare direttamente il dominio principale e non la sottocartella. In questo modo la index del dominio avrebbe link provenienti da più paesi, a discapito delle varie home nazionali.
  • I motori di ricerca non possono assegnare la lingua ad un dominio ma l’assegnazione deve avvenire a livello di cartelle.

La seconda tecnica, invece, utilizzata da vari portali del settore viaggi, permette di avere un virtual host dedicato per paese (pur presentando nella url il brand del sito principale) assicura di gestire più facilmente il sito su più server, riduce sensibilmente le possibilità di dispersione dei link e permette l’assegnazione della lingua a livello di dominio e non di cartelle.
Il terzo caso, invece, particolarmente consigliato, a mio avviso, quando si hanno grandi quantità di contenuti da pubblicare, presenta tutti i vantaggi della seconda opzione in più può contare su ulteriori condizioni favorevoli, sia a livello seo che a livello mnemonico per l’utente, derivanti dall’avere un dominio con estensione nazionale per ogni paese.
E’ opinione diffusa, infatti, che a parità di condizioni, per una ricerca in lingua italiana su google.it , un dominio con estensione .it è avvantaggiato sui .de,.es, ecc.
Tirando le somme sconsiglierei la prima ipotesi a meno che non si voglia semplificare di molto la gestione a discapito di altri vantaggi sopra elencati e consiglierei di utilizzare la partizione in terzi livelli quando i contenuti non sono molti e quindi si vuole evitare di creare n.piccoli domini, o comunque quando si preferisce conservare una struttura centralizzata, e la terza ipotesi nel caso si abbiano grandi quantità di contenuti da pubblicare e si voglia facilitare, seppur di poco, il posizionamento e il “ricordo” del sito.

Risultati paranormali

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Era un po’ che non scrivevo un post “tecnico” sulla qualità delle SERP (Search Engine Result Pages) di Google, ma un ritorno alle origini non fa mai male! :-)
Ricercando font particolari da scaricare (lo confesso ogni tanto mi cimento nello sviluppo grafico di pagine web, anche se devo ammettere che il mio talento in questo campo è piuttosto scarso :-( ) ho effettuato la seguente query su Google “font verdana 9“.
I risultati proposti dal motore di ricerca, almeno in prima pagina, sono “stranamente” un insieme di filmati swf.
Inizialmente ho ipotizzato che i link puntassero alle pagine html contenenti il file in flash e che lo spider non trovando nessun testo, avesse indicizzato il codice html presentandolo, poi, nelle description dei risultati, ma, analizzando con più attenzione la SERP, ho visto che i link puntano direttamente ai filmati e non alle pagina html che li contengono.
Quindi in realtà Google mostra nei suoi risultati contenuti che poi di fatto non sono presenti nelle pagine di destinazione dei link.
Ancora più strano è il codice html che vi troverete davanti se, una volta cliccato su un risultato, andrete ad analizzarne il codice sorgente!

Social networking attraverso il canale mobile

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Cominciando a testare campagne sul canale mobile mi sono chiesta quali possono essere le attività ed i settori più adatti ad essere promossi attraverso questo mezzo.

Oltre a considerazioni legate alla tipologia di business che conducono principalmente a tutte le attività con forte caratterizzazione locale e servizi di entertainement ho approfondito aspetti legati all’utenza cercando di comprendere meglio il target di questo canale.

Una recente ricerca effettuata da ABI Research ha presentato dati molto interessanti sull’utilizzo dei servizi mobile a livello internazionale registrando una presenza in fortissimo aumento di vere e proprie comunità di studenti e giovani sotto i 20 anni. Da questa ricerca emerge che il cosiddetto mobile-user-generated-content che include text, video e photo messaging è attribuibile al 70% ai giovani tra i 13 e i 20 anni.

Un altro aspetto interessante di questo studio riguarda proprio il nostro paese che viene preso come nazione di riferimento per le statistiche di settore: si pensi infatti che il 69% dei teenagers italiani utilizzano il cellulare per lo scambio di contenuti contro il 36% dei giovani statunitensi.

Dato lo scenario si comprende bene la crescita significativa registrata nell’ultimo periodo di tutti i servizi legati al mondo mobile, tra cui: video, suonerie, giochi per il cellulare, chat telefoniche di dating.