Google vs Seo

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Continuando sulla linea provocatoria che ha caratterizzato il mio ultimo articolo, vorrei fare alcune considerazioni sulla nuova pagina di ricerca di Google, che a volte si intravede sui datacenter di BigDaddy.


Come potete notare la pagina è stata arricchita da una colonna a sinistra contenente i link alle varie sezioni di Google: Gruppi, Immagini, News, Directory e “altro”.
I risultati naturali vengono sempre più penalizzati e spostati dal focus ottico, in particolare, come potete vedere da questa pagina, avremo:

  • la colonna di sinistra occupata dai link alle sezioni
  • tre siti in posizione premium
  • consueta colonna a destra con i link sponsorizzati.

Quali saranno le conseguenze per noi seo?
Sicuramente nell’ottimizzare ed indicizzare un sito dovremo tenere maggiormente in considerazione anche le altre aree di Google. Il keyword stuffing e la creazione di pagine ad hoc per ogni singola key perderà sempre più di valore, i contenuti, immagini comprese, acquisteranno sempre maggiore importanza.
Questa soluzione sicuramente sarà utile per eliminare molti siti spazzatura e tecniche di spam, però, a mio avviso, renderà ancora più difficile la vita ai piccoli siti ed ai nuovi siti che tentano di emergere.
Devo dire che la situazione si fa sempre più interessante, specialmente per chi, come me, ha la fortuna di lavorare su grandi progetti. Le tecnicucce da strapazzo avranno, spero, sempre meno successo a favore di progetti di lungo termine che tengano in considerazione molteplici fattori.

P.S. ma avete notato come in questa situazione i link sponsorizzati siano sempre più visibili :D

Le funzioni vitali del customer service

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Le relazioni di business e commerciali in Italia si basano ancora ampiamente sui rapporti interpersonali che le aziende stabiliscono con clienti e consumatori finali. Per questo motivo molte società che potrebbero investire maggiormente sul web grazie alla natura dei servizi offerti, preferiscono mantenere forme di contatto umano come numeri verdi e call center a disposizione degli utenti. Tali scelte aziendali mi parrebbero certamente condivisibili se fossero sostenute da vere strategie di customer service in cui gli utenti in cerca di informazioni, sostegno nel processo decisionale o sfogo alle loro lamentele potessero trovare personale competente e preparato ad assisterli.
In realtà lo scenario appare ben diverso e purtroppo caratterizzato per la maggior parte, dalla totale incapacità di gestire con professionalità le relazioni con il cliente: i call center appaiono sempre di più come arene in cui personale inesperto, mal pagato e impreparato viene mandato allo sbaraglio senza aver ricevuto una formazione specifica sulle metodologie e finalità del ruolo che rivestono.
Le funzioni del call center dovrebbero essere incentrate su tecniche di acquisizione, gestione e fidelizzazione dell’utente in combinazione con strategie di up-selling in cui si spingono opportunità aggiuntive di acquisto per i clienti acquisiti.
Sinceramente fatico a comprendere le ragioni per le quali una funzione così essenziale, costosa e potenzialmente molto redditizia per un’azienda possa venire gestita in modo così poco professionale e lungimirante.
Non sarebbe allora auspicabile smantellare interamente questa dispendiosa attività in favore di una struttura web più efficiente che possa fornire servizi a 360 gradi tramite il sito e veicolare le relazioni con l’utente su un sistema gestito via email?
Se invece le aziende preferiscono continuare a puntare sul contatto umano, che culturalmente sembra ancora così indispensabile, perché non fare rientrare questa funzione in una logica di direct response, valorizzando il customer service come un vero punto di forza della strategia aziendale?

Google guarda "all’esterno"

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In questi ultimi mesi stiamo assistendo a numerosi cambiamenti delle serp di Google: le 3 fasi dell’update Jagger e il più recente Bigdaddy, hanno definitivamente eliminato alcune tecniche di spam a vantaggio di determinati fattori che il MDR sembra reputare di qualità.
Tra questi criteri hanno acquisito notevole importanza i cosiddetti fattori esterni, ossia caratteriste che non hanno direttamente a che fare con i contenuti e con la struttura di un sito web, ma che fanno riferimento a tutto un insieme di informazioni relative allo storico e al “contesto” nel quale un sito opera.
Vecchie tecniche relative alla creazione di link popularity, ai circuiti di scambio link e ai network “contenitori” di collegamenti ipertestuali hanno ceduto il posto a fattori più qualitativi come:

  • L’anzianità di un link
  • L’anzianità del sito
  • L’autorevolezza del sito
  • La velocità di crescita quantitativa delle pagine
  • Il numero di backlinks e velocità con la quale si sviluppano
  • L’attinenza dei contenuti tra il sito linkante ed il sito linkato

Tutti questi fattori da un lato formano delle forti barriere allo sviluppo di siti spam, ma dall’altro, a mio avviso, rappresentano una sorta di sconfitta da parte dell’algoritmo di Google.
E’ come se il MDR avesse ammesso la sua incapacità di distinguere siti di qualità da siti scadenti, dalla sola analisi struttura delle pagine web.
E’ vero che i siti cosiddetti seri, spesso, sono in possesso di tutte le qualità sopra elencate, però è anche vero che in questo modo, eventuali, nuovi progetti web di qualità hanno più difficoltà ad emergere, mentre i siti “anziani” acquisiscono più “libertà di azione” e possono aumentare molto più facilmente il loro volume di traffico utilizzando delle pagine non proprio informative.
E’ un po’ come la vecchia storia del “preferito del professore”: una volta che si è diventati tali, si può anche smettere di studiare, o per lo meno si può studiare in modo più superficiale.

Pay Per Call di Google

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Proprio oggi sono cominciati i test di Google su una nuova modalità Pay Per Call già preannunciata qualche mese fa, che aggiunge una nuova opzione alle tradizionali campagne AdWords.

In pratica si inserisce il proprio numero telefonico nell’apposito spazio e si viene richiamati dall’inserzionista pur mantenendo segreto il proprio recapito telefonico che, per ragioni di privacy, Google promette di non condividere con le aziende inserzioniste.

Sinceramente questa modalità mi fa sorgere qualche dubbio: il Pay Per Call per sua natura si presta ad aziende medio-piccole, che operano localmente, non godono di grande presenza su web e non dispongono probabilmente di un call center o personale dedicato alla vendita telefonica. La procedura implementata da Google può invece funzionare solo se gli utenti vengono richiamati in tempi brevissimi, in qualunque momento della giornata e presuppone che ci sia una persona in azienda che si occupa di questa attività. Credo quindi che il meccanismo possa funzionare bene per compagnie aeree o catene alberghiere, che però sicuramente offrono già sistemi efficienti di prenotazione online, ma non mi sembra molto adatto per il piccolo ristorante che potrebbe beneficiare maggiormente di un contatto telefonico con l’utente ma che probabilmente non possiede risorse umane da impiegare sulle campagne AdWords.

Questo test mi sembrerebbe invece interessante se fosse mirato a dirottare gli inserzionisti Pay Per Call verso una modalità Mobile Search in cui gli utenti potrebbero cercare i servizi desiderati tramite il cellulare e contattare direttamente le aziende. In questo caso anche le piccole attività commerciali e locali che non dispongono di siti su Internet potrebbero promuovere i loro servizi con una dinamica che in un certo senso andrebbe a sostituire le vecchie Pagine Gialle.

Non creiamo un web arido

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Bisogna generare desideri!

Anche in Italia, per fortuna, il mercato seo è in forte crescita: le comunità e i forum del settore registrano sempre più utenti, nascono gare per seo e i blog inerenti questo argomento(e qui mi fischiano le orecchie :-) ) diventano sempre più numerosi.
L’aumento delle competenze e l’evoluzione degli algoritmi dei MDR hanno reso il mercato del posizionamento sempre più competitivo.
Questo fenomeno se da un lato stimola processi di ricerca e sviluppo, migliorando la professionalità di chi lavora in questo settore, dall’altro rischia di spostare l’attenzione sempre più sulle logiche dei motori di ricerca, lasciando in secondo piano le azioni rivolte a conquistare gli utenti.
Sempre più spesso ci si imbatte in siti ideali per gli spider: tanti contenuti testuali, poche immagini, scarsa attenzione alla grafica e ai contenuti emozionali.
Ricordiamoci che il fine ultimo di un sito è convertire un utente in cliente, e per fare questo, è necessario generare emozioni e sensazioni positive.
Il marketing non agisce sui bisogni ma sui desideri: la fame non è indotta dalla pubblicità, ma il desiderio di appagarla con i tortellini di Pinco Pallino piuttosto che con i tagliolini di Tizio e Caio si.
Tra i fattori fondamentali che possono influenzare il desiderio, oltre alla qualità del prodotto venduto, un ruolo fondamentale è giocato dal modo in cui il prodotto si posiziona nella sfera cognitivo/emozionale dei potenziali clienti.
In questo processo, specialmente per il web, la grafica di un sito, il copy amichevole e professionale, la facilità di navigazione e l’usabilità sono di fondamentale importanza.
Nel progettare un sito web ricordiamoci sempre che dobbiamo creare un’interfaccia user friendly oltre che search friendly.

Domanda e offerta di lavoro nel settore SEO/SEM

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Il grande momento di successo e crescita economica del settore SEO/SEM è sicuramente confermato dalle numerose offerte di lavoro che quotidianamente vediamo pubblicate da aziende, agenzie e centri media in cerca di candidati qualificati. Per citarne alcune, posso riportare alcuni interessanti post recentemente scritti da Marco Loguercio, Mauro Lupi e Andrea Cappello che presentano un quadro piuttosto realistico delle esigenze di selezione delle aziende in questo settore.
Trovandomi dall’altra parte della barricata, ossia nella favorevole posizione di una consulente SEM, vorrei descrivere brevemente le sensazioni di chi si trova a vivere un momento professionale particolarmente inebriante, in cui si ricevono inviti a “fare due chiacchiere” da parte delle aziende o si viene contattati entro breve dall’invio del proprio curriculum.
La sensazione dominante è indubbiamente l’entusiasmo dovuto non solo alla possibilità di scegliere, ma anche alla consapevolezza di assistere alla crescita di un mercato a cui ci siamo avvicinati per grande passione e fiducia: nessuna delle persone che oggi lavorano in questo ambito ha ricevuto una formazione specifica, che non esisteva agli albori e continua tuttora a scarseggiare. I miei inizi con il search engine marketing risalgono al 2003, quando mi trovai a gestire le prime campagne di keyword advertising negli Stati Uniti, cimentandomi con meccanismi di marketing e pricing totalmente nuovi e utilizzando le poche istruzioni fornite da Google che ai tempi, ed oggi sembra veramente assurdo, suggeriva di cominciare con solo 5 parole chiave per gruppo!

La seconda sensazione, certamente meno rassicurante della prima, è il dubbio di trovarsi in una bolla di sapone, un settore attualmente in crescita effervescente che potrebbe forse crollare in un futuro non lontano lasciando un senso di amaro in bocca. Il triste evento, in realtà, non mi scioccherebbe più di tanto avendo già vissuto in prima persona il collasso delle aziende dot com avvenuto in modo clamoroso ed inesorabile nella Silicon Valley e non solo, intorno al 2001/2002.

In definitiva, credo sia indispensabile per chi opera in questo settore, vivere il momento di grande entusiasmo lavorando con professionalità e continuando a favorire la crescita del mercato, prestare molta attenzione alle tendenze del settore per cogliere spunti iniziali di cambiamento ed essere in grado di riconvertire le proprie competenze seguendo l’evoluzione del mercato.

Indiscrezioni sul caso BMW

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In questi giorni si è molto discusso dell’esclusione dall’indice di Google del sito ufficiale di una famosa casa automobilistica tedesca: www.bmw.de, reo di aver fatto uso di doorpage per migliorare il proprio posizionamento nelle serp del famoso motore di ricerca.
Tre sono le cose che mi hanno particolarmente colpito di questa vicenda:

  • L’affermazione di Matt Cuts: “Se Bmw promette di non usare più in futuro trucchi di questo genere per modificare i risultati, e ci comunicherà i nomi dei responsabili delle pagine contaminate dal webspam, il suo rientro in Google potrà avvenire entro breve”.
    Al famoso ingegnere di Google vorrei spiegare che raramente le agenzie che si occupano del posizionamento di un Big spender come BMW, amano correre rischi pubblicando pagine che possono “offendere” il MDR, ma spesso vi sono costrette dalle pretese del cliente che non vuole effettuare modifiche grafiche o di contenuto al proprio sito.
  • La scelta delle parole chiave: In un articolo sulla stampa leggo: ”Bmw non ha negato di usare le pagine-doorway né di usare la parola chiave «vetture usate»”.
    Non discuto sull’utilizzo delle doorway, ma mi chiedo quanto possano essere convertiti in clienti per BMW, utenti che sono alla ricerca di automobili usate :-) . Se posso giustificare l’agenzia seo per l’uso delle doorpage, lo stesso non mi sento di fare per la scelta delle keyword da utilizzare nel posizionamento.
  • I tempi di riammissione: Ancora si parla dell’avvenuto bann e bmw.de è stato già riammesso nell’indice. La legge non mi sembra proprio uguale per tutti!

Addirittura qualcuno ipotizza che il bann di bmw, sia connesso al nuovo accordo firmato tra Google e Volkswagen per l’utilizzo di Google Earth come sistema di navigazione satellitare !
Personalmente mi piace non ritenere possibile questa ipotesi, speriamo sia davvero così!

Integrazione “Google Gruppi”

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Oggi analizzando le serp che controllo di solito, nei datacenter su cui è in atto BigDaddy (66.249.93.104, 64.233.179.104 e 216.239.51.104), ho notato in prima pagina, una nuova, credo, integrazione di Google che riporta alcuni risultati presi da Google gruppi.


Non ho ancora analizzato appieno i nuovi risultati e la logica che li produce, però sono stato subito assalito da un dubbio: non è che dopo lo spam sulle email e sui blog, noto anche come splog, siamo arrivati alla nuova frontiera: lo spam su “Google gruppi”!
In questa settimana ho cominciato ad approfondire meglio il posizionamento su Froogle e Google base, mi sa che a questo dovrò aggiungere il posizionamento nei groups.google :-)

L’importanza del "contesto semantico"

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In uno scorso commento è emersa la mia scarsa fiducia sulla keyword density ai fini di un’indicizzazione efficace, specialmente in settori competitivi. Per sostenere la mia opinione, ho deciso di parlare di una mia passata esperienza: due anni fa, con un mio amico, decidemmo di sviluppare uno spam engine(non mi vergogno affatto di questa cosa, anzi sono convinto che per essere un buon professionista bisogna esplorare tutte le aree che compongono il settore in cui si opera).
Prendemmo, da subito, lo sviluppo più come una sfida informatica che come mera costruzione di una piattaforma per “raccimolare soldi”. Il ragionamento che ci facemmo era il seguente: Google, per eliminare il fenomeno spam engine cerca di individuare le caratteristiche che accomunano questi siti, bene facciamolo anche noi e non includiamo i fattori “incriminati” nella nostra piattaforma. Fu così che riducemmo al minimo la keyword density, diminuimmo i numeri di link presenti in una singola pagina web, e sviluppammo un sistema di “correlate” molto dettagliato e complesso.
Tutti gli spam engine, riportano l’area delle correlate o top ricerche, ma, i temini suggeriti in queste aree sono parole che vengono estrapolate dal “suggeritore di parole” di Google o Overture. Questi termini, quindi, non sono semanticamente correlati, ma si limitano a contenere la keyword della query. Ad esempio per la key “Roma” questi tool suggeriscono parole come: “hotel a Roma, volo a Roma, tribunale Roma” ecc, ma non termini come:”capitale italiana, regione Lazio, sette colli” ecc.
Grazie ai numerosi dati storici in nostro possesso, estrapolati dalle analisi dei file di log dei nostri siti, sviluppammo un database di “correlate semantiche”, per ogni pagina, generammo un testo, contenente i termini individuati, con caratteristiche simili al “testo naturale”, quindi stessa proporzione di parole, articoli, verbi, e nascondemmo il tutto in div nascosti(erano altri tempi :-) ).
Questo nostro esperimento ebbe un grande successo, il nostro progetto, al culmine della sua attività, venne anche inserito nelle statistiche Nielsen/NetRatings(naturalmente non dirò mai qual’è il sito!).
Questa esperienza, mi dimostrò l’importanza di creare un contesto semantico adatto alla parola che intendo indicizzare, e non puntare tutto sulla keyword density. D’altronde come si fa a credere che i complessi algoritmi dei MDR, si facciano ingannare da una tecnica tanto primitiva!
Il mio consiglio, senza scendere troppo nel tecnico è questo: decidete bene qual è la keyword che vi interessa, a questo punto chiedetevi quali informazioni potrebbe ricercare un utente interessato a quella key, e sviluppate dei contenuti adatti per soddisfare i “bisogni informativi” individuati, e naturalmente fate grande uso di sinonimi! :-)
E poi come sempre: TESTATE, TESTATE, TESTATE. La conoscenza teorica, senza pratica, mai come in questo campo è pressochè nulla!

Copy persuasivo per le campagne AdWords

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Uno dei fattori che determinano il successo delle campagne di keyword advertising su Google è sicuramente il copy che deve racchiudere, in pochi caratteri, tutti gli elementi necessari a favorire il processo di conversione.
Per sviluppare una creatività che generi esiti positivi le regole da seguire sono fondamentalmente due: coerenza e rilevanza.

Per coerenza si intende creare un copy che concordi pienamente con la strategia di marketing che guida la campagna di search advertising. E’ necessario quindi avere ben chiari:
- gli obiettivi di conversione (vendite, richiesta preventivo, iscrizione test drive, download di un file, ecc.)
- i selling point, vantaggi, benefici dei prodotti o servizi offerti
- il contesto competitivo in cui ci si muove e i fattori critici di successo dei nostri concorrenti

La rilevanza riguarda invece la necessità di sviluppare un copy che sia strettamente correlato o addirittura inclusivo delle parole chiave presenti nel gruppo a cui la creatività è associata. Le linee guida da seguire sono:
- creare gruppi di parole chiave strettamente legate da caratteristiche comuni (brand, linea di prodotto, area tematica, ecc.)
- sviluppare un copy che interpreti in modo quanto più preciso possibile i desideri dell’utente in base alle parole chiave cercate (ad esempio se un utente digita la parola chiave ‘informazioni conto banca X’ sarà più predisposto a cliccare su una creatività che indica la possibilità di richiedere informazioni aggiuntive piuttosto che un copy che spinge all’apertura di un conto online)

Dopo aver attentamente analizzato tutti i fattori finora riportati ecco le linee guida per scrivere un copy di successo:
- includere nel titolo la keyword dinamica {keyword} che contribuisce ad incrementare notevolmente il CTR della creatività
- utilizzare la prima riga per evidenziare un selling point, vantaggio o beneficio del prodotto o servizio offerto, se sono molteplici è consigliabile sviluppare 3 creatività diverse e lasciarle ruotare per valutare il CRT ottenuto. In questa fase è essenziale prestare attenzione al copy dei concorrenti: se la nostra assicurazione auto garantisce un risparmio del 15% e quella del nostro competitor assicura fino a al 40% in meno, sarebbe il caso di puntare ad esempio sul fattore personalizzazione del servizio, qualità, ecc.)
- usare la seconda riga per la ‘call to action’ che spinge l’utente a compiere l’azione da noi desiderata (Acquista subito e risparmia! Prenota ora la tua vacanza! Partecipa al concorso e vinci!)

E per finire: TESTARE, TESTARE e TESTARE!