Il keyword advertising è stato pensato inizialmente come strumento per monetizzare le ricerche di un crescente bacino di utenti che, attraverso le parole chiave, cerca articoli di interesse sui motori di ricerca. Le potenzialità di rivolgersi ad utenti fortemente motivati ed impegnati in un processo attivo di ricerca diventa subito palese e il keyword advertising si evolve velocemente, con pannelli di controllo sempre più funzionali, organizzati per caricare campagne rapidamente e monitorare il ritorno economico dell’attività.
Dal search al contextual advertising
La seconda fase è stata l’estensione di questa remunerativa forma di advertising al circuito di contenuto dove la contestualizzazione degli annunci di testo rispetto ai contenuti del sito ospite diventa un fattore critico di successo, rivolgendosi ad utenti che sono esposti ad annunci di contenuto affine al sito visitato.
Il business del circuito di contenuti cresce velocemente e anche i pannelli di gestione dei motori di ricerca diventano sempre più sofisticati, anche se poco trasparenti, per la gestione del contextual advertising. Nasce poi la possibilità di separare completamente le campagne, diversificare il bid sui due circuiti, monitorare in modo distinto i rendimenti delle parole chiave. Anche la nuova piattaforma Panama di Yahoo! non lascia dubbi sulla volontà di gestire questi due canali in modo sempre più separato fornendo funzionalità addizionali sul canale di contenuto.
Con il successo dei circuiti di contenuto, sostenuto anche dall’inesauribile pressione dei motori di ricerca per favorirne la vendita, nascono altre forme di advertising come il site targerting che consente la selezione precisa dei siti a fronte di un modello di pricing a CPM, si introducono gli annunci illustrati (o banner per la vecchia scuola), si comincia a parlare di profilazione del target.
Si delinea così il passaggio da un’utenza le cui preferenze sono legate solo alle parole chiave ricercate, ad una vera e propria intenzione di profilare il target secondo il meccanismi della pubblicità tradizionale, per profilo demografico, età e sesso. Il pionere della profilazione per il search advertisng è MSN, che con il suo Ad Center si propone di integrare il meccanismo della ricerca con quello della profilazione utenti. Ora sembra proprio che anche Google si stia muovendo nella direzione del behavioral targeting per unire la contestualizzazione dei suoi annunci alla capacità di rivolgersi ad utenti in target. Per capirci, meglio evitare di proporre un viaggio ai Caraibi su un sito, che pur trattando di viaggi, si rivolge a giovanissimi che si muovono con tenda e sacco a pelo.
Dagli inserzionisti agli editori
Mentre crescono le opzioni di advertising per gli inserzionisti, gli annunci sponsorizzati tappezzano in modo sempre più rilevante una buona fetta dell’universo internet, assicurando ricavi interessanti ai siti editori e affermandosi come un’importante fonte di entrate per la raccolta pubblicitaria che può essere gestita facilmente, con un unico interlocutore e con una copertura costante di tutti gli spazi disponibili.
Visto lo scenario, mi pare che la scelta dei motori di ricerca di acquisire piattaforme per la gestione degli spazi pubblicitari, vedi DoubleClick e Right Media vada proprio in questa direzione proponendo un sistema per gestire in modo sempre più accurato, integrato e remunerativo gli spazi pubblicitari.
Personalmente vedo uno scenario nello sviluppo di queste piattaforme che tenga conto in primis del meccanismo ad asta tipico dei motori di ricerca (dove gli editori potranno avere un ricavo più elevato per posizioni più visibili all’interno di un sito), un’integrazione che sfrutti al meglio la combinazione di link sponsorizzati e spazi gestiti in autonomia dagli editori e una miglior targetizzazione fatta di contestualizzazione e affinità di target.
In ogni caso l’evoluzione sarà rapidissima quindi lo scenario non tarderà a delinearsi.